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Google in appello a Milano per il video di insulti a un disabile

Condividi:         webmaster 13 Dicembre 12 @ 00:00 am

Google in appello a Milano per il video di insulti a un disabile

A sei anni dalla pubblicazione del video che mostrava un disabile preso in giro e picchiato dai suoi compagni di una scuola torinese e che portò alla condanna di tre impiegati di Google, la difesa è tornata in appello per spiegare che, se non altro, la responsabilità fu della professoressa che restò a guardare mentre i suoi studenti vessavano il ragazzo disabile.

Il caso in questione risale al 2006 e riguarda un video caricato su Google Video - il precursore di YouTube - dove si vede un ragazzo affetto da sindrome di Down preso in giro e picchiato da alcuni compagni di classe. Un caso di cyberbullismo che aveva fatto partire una denuncia dell'associazione milanese Vivi Down. Pochi giorni dopo era scattata una perquisizione nella sede di Google Italia e due anni dopo, a Novembre 2008, era arrivata la notifica.

Peter Fleischer, David Drummond, George Reyes e Arvind Desikan furono processati per diffamazione e violazione della tutela sulla privacy e, i primi tre, furono ritenuti colpevoli e condannati a 6 mesi di carcere. Pena che fu immediatamente sospesa.

Nonostante il video fosse stato rimosso in poco più di due ore dopo la segnalazione delle Polizia Postale, il giudice di primo grado, Oscar Magi, condannò gli accusati perché l'informativa sulla privacy di Google era "talmente nascosta nelle condizioni generali di contratto da risultare assolutamente inefficace."

Per il sostituto Procuratore Generale, Laura Bertolé Viale, invece, gli imputati dovevano effettuare anche "un controllo sui dati caricati in rete, un controllo preventivo che avevano la possibilità di fare e che non è stato fatto per ragioni di costo, un controllo che infatti avrebbe rallentato l'azione di Google sul mercato dei video che era in forte espansione."

A distanza di sei anni dal fatto, il 21 Dicembre è prevista la sentenza della Corte di Appello di Milano, dopo che gli avvocati di Google si sono battuti per far annullare la sentenza di primo grado.

"Se c'era un obbligo di controllo sui ragazzini che filmavano un loro compagno disabile, questo doveva essere esercitato dalla professoressa presente in classe e non da Google che poi ha caricato le immagini," ha dichiarato l'avvocato Giuseppe Vaciago durante l'appello. "Non esiste nell'ordinamento italiano un obbligo per Google di controllare il contenuto dei video. La professoressa non ha mosso un dito mentre i ragazzi filmavano, ha guardato impassibile una scena riprovevole. A differenza nostra che non avevamo un obbligo giuridico di controllo, lei ce l'aveva."

"Come è emerso chiaramente dalle indagini della polizia giudiziaria," ha dichiarato l'avvocato Giulia Bongiorno, "non vi era alcun messaggio pubblicitario connesso a Google Video e pertanto Google non ha tratto alcun profitto da questo o altri video."

Giorgia Abeltino, Policy Manager di Google in Italia, "Come abbiamo sempre detto, ci sentiamo vicini al ragazzo, vittima di un atto di bullismo in quel video riprovevole. I bulli, responsabili per la violazione della sua privacy, sono già stati puniti. Confidiamo che nel processo d'appello verrà dimostrata l'innocenza dei nostri colleghi."



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