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L'Open Source parla italiano?

Condividi:         ale 14 Giugno 07 @ 05:00 am

L'Open Source parla italiano?

Fausto Bertinotti ha incontrato venerdì scorso Richard Stallman e Bruce Perens.
Richard Stallman ricordiamo essere noto informatico statunitense, uno dei padri del concetto del copyleft e un pioniere nel concetto di software libero (maggiori info da Wikipedia) mentre Bruce Perens ha da sempre curato la filosofia del software libero con le regole del mercato (maggiori info da Wikipedia).


L'argomento centrale della chiaccherata ha ruotato attorno al pericolo dei brevetti sul software, blocco dello sviluppo della scienza informatica.
Da canto suo Stallman si è detto favorevole all'introduzione dell'ideologia open nella pubblica amministrazione e nell'istruzione come già sta accadendo in alcune regioni italiane. Questa introduzione si identifica con l'obbligo di uso di software libero, non coperto da brevetto, che sempre secondo Stallman, danneggerebbe il mercato dei software.

"Brevettare del software è come brevettare una sinfonia. Se ciò fosse stato possibile, Beethoven avrebbe avuto molte difficoltà a comporre le sue musiche" ha dichiarato.

Perens ha invece spiegato come avviene la programmazione del software open: migliaia di programmatori impegnati nel fine comune di creare qualcosa di aperto, modificabile e al contempo valido. "Ho curato io stesso un software libero per lo Space Shuttle."

Il Governo, per mano del Ministro Mussi, ha da poco (7 maggio scorso) preso accordi con Microsoft circa un rapporto di collaborazione avente come obiettivi principali la formazione, il trasferimento tecnologico e la facilitazione di progetti di ricerca (leggi il Protcollo d'Intesa).
Il presidente della commissione cultura della Camera, Pietro Folena, nel corso del colloquio con i due guru del software libero, ha precisato che già nel suo disegno di legge ci sono importanti punti in comune con il pensiero open emerso e che "la pubblica amministrazione ha il dovere, verso i cittadini, di gestire i dati e le informazioni in modo trasparente e verificabile, cosa che solo il software libero assicura. Così come anche l’indipendenza dal singolo fornitore e quindi la neutralità sia rispetto alla tecnologia che al mercato. Ho già parlato con il ministro Mussi per proporgli di prendere in considerazione la controproposta dell’associazione italiana del software libero insieme ad alcune università ed aziende grandi e piccole per dotare l’Italia di centri di ricerca e sviluppo sul software libero come sta accadendo in molti paesi, sia quelli con economie emergenti che alcuni nostri partner europei."

Parlando con Fabrizio del GroLUG di Grosseto (con il quale abbiamo già felicemente collaborato) e con il Direttore di Data Manager Online Loris Bellè ci rendiamo conto che la realtà Open Source nel nostro Paese si sta pian piano diffondendo: le scuole sono tra i soggetti più sensibili all'uso e diffusione di tecnologie open, sia dal punto di vista più ovvio del risparmio che da quello del maggior valore didattico-educativo che esso può offrire. È vero che in azienda si usa MS Office ma è altrettanto vero che passarvi da OpenOffice per un ragazzo è uno scherzo e del resto anche in ambito business ci si sta rendendo conto che si può risparmiare un sacco di soldi usandolo, senza perdere praticamente nessuna funzionalità rispetto al rivale commerciale.

Una volta un professore ci ha detto che la scuola, insegnando solo visual basic, sta formando degli esperti Microsoft, non dei professionisti informatici, che non si dovrebbero certo limitare a quello ma conoscere linguaggi e sistemi, e questo Linux lo può offrire in massimo grado.

Ma la scuola si muove finalmente, tanto è vero che da un annetto si contano diversi progetti di conversione di scuole al software libero o istallazione di aule con terminali riciclati con Linux Terminal Server Project in provincia di Bolzano, Ferrara, Grosseto, e la cosa si sta espandendo a macchia d'olio perchè è un progetto estremamente interessante.
Questo LTSP (per gli amici) con l'acquisto di una sola macchina che fa da server (dal costo inferiore a 1.000,00 Euro) permette di far lavorare come terminali indipendenti fino a 15-20 vecchi Pc con Pentium III o anche II, rendendoli funzionali e veloci come uno dei giorni nostri. È facilmente comprensibile che il risparmio che si ha nelle scuole è notevole, sia in hardware che in licenze software, senza dover per forza buttare computer ancora funzionanti e senza contare la solidità e l'affidabilità di Linux, che garantisce che tutti i Pc il giorno dopo torneranno a funzionare come il giorno prima.

Ma non si creda che è così difficile preparare e usare questi sistemi! Alcuni si istallano quasi da soli, e poi ci sono delle ottime guide online per cui chi è un po' "dentro" la materia informatica se la può cavare bene, magari anche con un po' di aiuto dai LUG locali che sono sempre interessati e attivi quando Linux viene inserito nelle scuole.

Questi sono solo alcuni dei vantaggi che si ottengono usando il software libero. Ma ce ne sono molti altri tra cui l'educazione alla legalità e il poter dare a tutti gli studenti lo stesso sistema e programmi usati a scuola, liberamente e a costo zero.

Anche la Pubblica Amministrazione non è sorda al richiamo del risparmio. Troppo spesso sono diffusi su tanti Pc programmi e sistemi con una sola licenza disponibile, e le intranet sono fin troppo piene di virus e trojan che minacciano e compromettono la sicurezza e l'integrità dei dati raccolti dai nostri amministratori, che quindi ci riguardano direttamente. Linux è immune da virus e da altri programmi maliziosi, può garantire senza sforzo un'ottima privacy e sicurezza informatica, nel rispetto della legge e a vantaggio del cittadino.
Senza contare che tutto ciò che una Pubblica Amministrazione spende e fa dovrebbe essere e rimanere a disposizione di tutti, quindi non trovo molto il senso di sviluppare con soldi pubblici programmi chiusi, usando tecnologie proprietarie, senza che i cittadini o anche altre amminsitrazioni possano usufruirne. Per questo per fortuna stanno nascendo dei progetti di collaborazione e condivisione dei codice libero sviluppato in seno alle PubAmm.

In sostanza fare accordi per sviluppare in collaborazione con ditte di software proprietario vuol proprio dire impiegare in un certo modo privatamente, in modo chiuso e non trasparente, il denaro pubblico, e ciò si capisce che è quasi un controsenso.
Speriamo che i nostri politici riflettano bene prima di fare qualsiasi passo in certe direzioni; per fortuna ci sono dei guru che possono meglio spiegar loro questo e illuminarne così il cammino.


a cura di Alessandra Christille per pc-facile.com, Fabrizio "maxmurd" Felici del GroLug di Grosseto e Loris Bellè per Data Manager Online.



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