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Google: assolti in appello i tre manager del caso Vivi Down

Google: webmaster 22 Dicembre 12 @ 00:00 am


Google: assolti in appello i tre manager del caso Vivi Down

Assolti i tre manager di Google del caso Vivi Down, condannati a 6 mesi di carcere dal giudice di primo grado, Oscar Magi. Assolti, perché il fatto non sussiste: la corte d'Appello di Milano ha così ribaltato la sentenza del Tribunale e ha cancellato la condanna ai tre manager di Mountain View.

Il caso in questione risale al 2006 e riguarda un video caricato su Google Video - il precursore di YouTube - dove si vede un ragazzo affetto da sindrome di Down preso in giro e picchiato da alcuni compagni di classe. Un caso di cyberbullismo che aveva fatto partire una denuncia dell'associazione milanese Vivi Down. Pochi giorni dopo era scattata una perquisizione nella sede di Google Italia e due anni dopo, a Novembre 2008, era arrivata la notifica.

Peter Fleischer, David Drummond, George Reyes e Arvind Desikan furono processati per diffamazione e violazione della tutela sulla privacy e, i primi tre, furono ritenuti colpevoli e condannati a 6 mesi di carcere. Pena che fu immediatamente sospesa.

Nonostante il video fosse stato rimosso in poco più di due ore dopo la segnalazione delle Polizia Postale, il giudice di primo grado, Oscar Magi, condannò gli accusati perché l'informativa sulla privacy di Google era "talmente nascosta nelle condizioni generali di contratto da risultare assolutamente inefficace."

"Siamo molto felici che la decisione di primo grado non sia stata confermata e che la Corte d'Appello abbia riconosciuto l'innocenza dei nostri colleghi. Anche in questo frangente, il nostro pensiero va al ragazzo e alla sua famiglia, che in questi anni hanno dovuto sopportare momenti difficili," ha commentato Giorgia Abeltino, policy manager di Google.

Questa è una sentenza che farà eco, anche internazionalmente. E anche se il giudice non ha esonerato i Google dall'intervenire su segnalazione - come del resto già fa - è chiaro che è stata riconosciuta l'impossibilità di fare un controllo preventivo sui contenuti prima che questi siano pubblicati.

"È una sentenza che mi aspettavo. Stiamo attenti: oggi la Corte d'appello non ha affatto stabilito che sul web possa venire pubblicato di tutto senza controllo e senza responsabilità, ma che i controlli non possono competere ai motori di ricerca. Google, insomma, non può essere equiparata al direttore responsabile di un quotidiano," ha commentato Giulia Bongiorno del team difensivo di Google.



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