Spread digitale: L'Italia resta indietro

Secondo i dati presentati oggi al convegno di Iab è sempre più necessario cambiare marcia: "Le aziende sono indietro di cinque anni rispetto a metà dei consumatori". E il digitale pesa sul Pil solo del 2,1 per cento.

Quanto pesa l'economia digitale sul pil italiano? Poco, troppo poco: il nostro spread digitale nei confronti dell'Inghilterra (che in questo caso prende il posto della Germania) è quello che tecnicamente viene chiamato un 4x, come ha spiegato oggi il professor Marco Vos del Boston Counsulting Group a un convergono organizzato oggi da Iab Italia (Associazione italiana degli operatori del mercato della comunicazione digitale) per parlare del mercato italiano. All'interno del G20 l'Italia è il numero uno in termini di crescita prevista, ma solo perché siamo ancora molto indietro. " Oggi l'economia digitale incide sul Pil italiano per un 2,1 per cento, metà della media europea. In Inghilterra questa percentuale è dell'8 per cento. Se continuiamo con la crescita attuale, il gap con quello che è il paese di riferimento continuerà a crescere anziché ridursi". In termini più semplici il problema lo inquadra la presidente di Iab Simona Zanette: "La gente si è spostata on line, mentre le imprese non l'hanno fatto. La maggior parte di loro sono rimaste indietro di cinque anni e sta correndo il rischio di ignorare una metà della popolazione più giovane e abbiente".

Il contributo del Pil digitale all'economia del Paese è guidato dai consumi (24,5 miliardi di euro), seguito da investimenti privati da parte delle aziende (10,5 miliardi di euro, escluse le licenze per il 4G che è un intervento unico e irripetibile) e spesa istituzionale (5,2 miliardi di euro). A questo vanno sottratti 6,8 miliardi di euro legati all'importazione: restano 33,4 miliardi di euro, con una crescita del dieci per cento sul 2010. Che però non basta...