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La fine della new economy all'italiana

Internet: Nikk 20 Dicembre 04 @ 22:00 pm


Il 2004 doveva essere l'anno della rinascita della new economy all'italiana, è stato invece uno degli anni più neri. E solo un italiano su quattro ha la connessione.

All'inizio del 2004 per molti commentatori italiani il 2004 avrebbe dovuto essere l'anno della ripresa, gettandoci alle spalle i periodi più bui seguiti allo scoppio della bolla speculativa.

Purtroppo non è stato così: il 2004 si chiude invece con la notizia del fallimento di Finmatica, dissestata da vicende finanziarie, dai classici passi più lunghi della gamba, dalla fine del credito facile.

Contemporaneamente scompare Telecom Italia Mobile (Tim), almeno come entità autonoma e società quotata sul mercato; la "gallina dalle uova d'oro" del gruppo Telecom Italia viene fagocitata dalla casa madre: continuerà ad avere la stessa capacità di innovazione e di sviluppo degli anni della maggiore autonomia?

Anche Vodafone Italia, già Omnitel, è diventata meno italiana: il quartier generale è stato spostato fuori da Milano, mentre l'uomo che ha fatto la fortuna di Omnitel e poi Vodafone, Vittorio Colao, fino a raggiungere i vertici anche della Vodafone multinazionale, ha lasciato la telefonia per andare a guidare la Rizzoli-Corriere della Sera.

Per Wind si ipotizza un passaggio in mani di finanzieri egiziani che avrebbero il loro rappresentate nel vecchio Cesare Romiti, che pure è tanto acciaccato dalle vicende della sua Impregilo; si vocifera anche il passaggio del secondo gestore italiano di telefonia fissa, e terzo nella mobile, nelle mani di France Telecom.

Anche Albacom, che rimane tra gli operatori telefonici alternativi a Telecom Italia, il più agguerrito per la clientela business, da qualche settimana non è più italiana: uscite Mediaset, Bnl e Italgas, ora è tutta degli inglesi di British Telecom, che non vogliono essere assenti o marginali sul mercato italiano delle Tlc, anzi.

Atlanet, che doveva essere uno dei protagonisti della banda larga, ora è solo il gestore telefonico interno del Gruppo Fiat senza più alcuna ambizione. Tiscali, il "cavallo di razza" della Borsa, l'azienda leader della nostra new economy, ha visto l'uscita del suo padre-padrone e fondatore Renato Soru, che si è dato alla politica, risultando eletto Presidente della Sardegna.

Oltre a Soru, Tiscali ha perso molte delle filiali esteri, che ha dovuto cedere per ridurre il debito che continua a essere comunque molto alto: certo è molto meno alto di quello di Telecom Italia, che però gode di una redditività e di un cash-flow molto più elevato.

Comunque sia Tiscali che Telecom Italia arrivano a fine 2004 con la questione del debito sempre aperta, con i rischi del rincaro del denaro sempre alle porte, sempre osservate speciali da parte delle agenzie internazionali di rating che ne valutano l'affidabilità. Sempre frenate molto, troppo, da questi debiti, sia Tiscali che Telecom Italia, nell'affrontare i necessari investimenti per dotare l'Italia dell'infrastruttura telematica di cui ha bisogno per reggere la sempre più feroce competizione internazionale.

Infine Finsiel, maggiore polo del software nazionale, attende di essere smembrata e venduta al miglior offerente da Telecom Italia, sua padrona; Microsoft invece ha deciso che in Italia è ancora troppo poco presente e perciò invaderà il mercato delle piccole e medie imprese.

La mazzata finale l'ha data il Rapporto Censis: solo un italiano su quattro ancora connesso a Internet, con un fortissimo digital divide interno al Paese. Per essere l'anno della ripresa non è stato affatto male, vero?

Tratto da Zeusnews.it



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