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Generale: Dylan666 20 Dicembre 04 @ 00:01 am

2. Definizione di Hacker

Copyright© 1998 Federica Guerrini

Secondo Steven Levy (1996: 48) l'hacker pratica "l'esplorazione intellettuale a ruota libera delle più alte e profonde potenzialità dei sistemi di computer, o la decisione di rendere l'accesso alle informazioni quanto più libera e aperta possibile. Ciò implica la sentita convinzione che nei computer si possa ritrovare la bellezza, che la forma estetica di un programma perfetto possa liberare mente e spirito". Il significato letterale del verbo to hack è "tagliare, fare a pezzi" mentre hack è lo scribacchino: in sintesi, l'hacker ritaglia e trascrive. È evidente che la traduzione italiana di "pirata informatico" non solo è peggiorativa ma distorce il significato originale.

La storia infinita: generazioni di hacker a confronto
Il personaggio dell'hacker non è affatto recente: nasce, infatti, con i personal computer, l'informatica collegata in rete, la telematica e il mondo virtuale; ne è una figura fisiologica, prima solo giovanile ed eroica, poi professionale, spionistica, a volte delinquenziale. Considerando che, secondo l'ipotesi di Cohen, P. (1980), il "livello storico" è il primo stadio di analisi di una sottocultura, indicherò, in sequenza, le tre principali generazioni di hacker che si sono succedute, in modo più o meno lineare, dagli anni Sessanta ad oggi:

Prima generazione: anni Sessanta/Settanta. Gli hacker più ortodossi, personaggi geniali e pionieri della ricerca in campo informatico, appassionati del computer ma rispettosi della legge, amano far risalire il loro contesto d'origine alle facoltà tecniche di università americane prestigiose: all'Università di Cambridge il MIT (Massachussetts Institute of Technology e, in particolare, l'Artificial Intelligence Laboratory) e a Stanford il SAIL (Stanford Artificial Intelligence Laboratory). Sembra comunque storicamente accettabile la loro discendenza, come movimento underground, dagli Yippy, componenti dello Youth International Party, cioè un movimento anarchico hippie: la matrice ideologica e politica di questo "partito", nato per contestare la guerra in Vietnam, comportava una vivace, a tratti surrealistica, polemica sui valori borghesi come proprietà privata, tabù sessuali e abitudini socio-culturali. Erano incoraggiate la pratica di oltraggiose offese politiche al sistema, l'abbattimento di ogni potere costituito e la negazione di qualsiasi autorità a persone di più di trent'anni: obiettivi importanti erano l'acquisizione di "conoscenza" e di "esperienza" in una colorata convivenza di mistica e politica; ritorno alla natura e alla tecnologia; le discipline orientali e le sostanze psicotrope, assunte come "dilatatori della coscienza" (precorritrici delle attuali smart drugs usate come strumento di intelligence amplification). In questo ambiente variegato passarono alla leggenda due personaggi: Jerry Rubin e Abbie Hoffman. Nel 1971, Hoffman iniziava la pubblicazione del bollettino YIPL Youth International Party Line (poi modificato in TAP, Technical Assistance Program), prima rivista dedicata alla diffusione di tecniche della pirateria telefonica: venivano così diffuse le istruzioni per la fabbricazione delle varie box (blue, mute, black, silver ecc.) necessarie per inserirsi liberamente nelle linee intercontinentali (primo phreaking, cioè l'hacker telefonico che esegue chiamate senza pagarle). A quei tempi persino Steve Wozniak e Steve Jobbs, poi fondatori della Apple, vendevano blue-box nei campus californiani.

Seconda Generazione: anni Ottanta. Dopo il successo mondiale del film War Games, numerosi teenager americani vollero diventare hacker. Il film contribuì in modo considerevole a diffondere l'immagine dell'hacker come di un criminale cospiratore e la percezione pubblica della sua pericolosità. Gli hacker di questa generazione sono stati etichettati, in modo dispregiativo, crackers o dark-side hackers (dal Darth Vader del film Star Wars) dalla generazione successiva poiché si trattava, di solito, di hacker veramente criminali, con intenzioni vandaliche, scassinatori che facevano irruzione nei sistemi informatici per distruggere e manipolare informazioni, rubare software, password, numeri di carte di credito, abusando di informazioni personali. Il mondo sotterraneo dell'informatica è sempre stato percorso da fragili tensioni di superficie: in questo caso, perciò, tra hacker e cracker è rimasto un sostrato di ostilità interne a livello ideologico.

Terza Generazione: anni Novanta. Gli hacker di questa generazione hanno resuscitato l'originale ideologia e il linguaggio degli anni Sessanta: si fanno chiamare "libertari" o "liberatori dell'informazione", una sorta di élite di cavalieri tecnologici con intenzioni benigne. Inoltre gli hacker di questa generazione, seppur ideologicamente affini e continuatori dei pionieri, hanno sperimentato un rapporto diverso con la cultura dominante, un ulteriore allontanamento da essa. Levy (1996: 405) chiarisce come gli hacker iniziatori fossero stati elevati a nuovi eroi popolari, i quali avrebbero catturato l'immaginario collettivo americano "combattendo con il cervello [. . .] avrebbero rappresentato la volontà dell'America di restare in testa davanti al resto del mondo nella guerra per la supremazia tecnologica"; gli hacker contemporanei o "del revival", invece, hanno sperimentato un rituale di degradazione, a causa del mutato contesto tecnologico di questo fine millennio. Riprendendo Garfinkel (1955) si potrebbe chiamare questo processo "cerimonia di degradazione", cioè un tipo di lavoro comunicativo dove l'identità di un soggetto viene pubblicamente ridefinita e distrutta: questa distruzione legittima le denunce e gli attacchi mossi a chi è ora considerato socialmente pericoloso. Si tratta, da un punto di vista sociologico, di un tipo di trasformazione simbolica, poiché chi subisce la degradazione è simbolizzato in un modo nuovo e negativo: in questo caso, i simboli manipolati hanno creato un immaginario negativo che ha reso facile la condanna pubblica degli hacker e la loro riduzione a categoria stigmatizzata come criminalmente sanzionabile. Ad un'iniziale integrazione degli hacker nell' "ordine simbolico" (Hebdige 1979: 102) di significati dominanti è poi, quindi, seguito un diffuso atteggiamento di rifiuto.





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